La storia dell’Autodromo di Monza

I lavori di costruzione dell’autodromo cominciarono alla fine del febbraio 1922. La prima pietra fu posata da Vincenzo Lancia e Felice Nazzaro ma qualche giorno dopo si manifestarono le prime perplessità di carattere ecologico e così i lavori furono immediatamente sospesi. Nell’intricato sviluppo delle polemiche prevalse la tesi dell’assoluta necessità di un autodromo fisso e permanente e così ben presto arrivò il benestare per i lavori che cominciarono il 15 maggio. La consegna dell’opera completa doveva avvenire per il 15 agosto e per questo furono impiegati ben 3500 operai, 200 carri, 30 autocarri e una ferrovia di 5 Km con due locomotori e 80 vagoni. L’autodromo fu costruito a tempo di record, in 110 giorni, e la pista fu percorsa per la prima volta nell’intero suo sviluppo da Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 570.
Il circuito, ideato dall’architetto Rosselli, comprendeva un anello per l’alta velocità della lunghezza complessiva di 4,5 chilometri, caratterizzato da due curve sopraelevate su terrapieno che si elevavano di 2,60 metri dal livello del terreno, avevano un raggio di 320 metri e consentivano una velocità massima teorica di circa 190 chilometri l’ora. Le curve sopraelevate erano raccordate da due rettifili lunghi 1070 metri ciascuno mentre la pista stradale aveva uno sviluppo di 5,5 chilometri e comprendeva curve di diverso raggio – da un massimo di 600 metri a un minimo di 90 metri – con larghezza massima della sede stradale di 12 metri. I due rettifili principali erano collegati a sud dalla “curvetta” di 155 m di raggio con lieve sopraelevazione.
La pista stradale e quella di velocità si intersecavano a due livelli mediante un sottopasso in zona Serraglio; la pavimentazione dei rettifili era stata realizzata in macadam catramato, mentre quella di tutte le curve era in calcestruzzo, anch’esso catramato. Il pubblico era invece ospitato in due zone distinte: il recinto tribune includeva la tribuna d’onore con una capienza di 3000 posti e sei tribune laterali da 1000 posti ciascuna, tutte costruite in legno e muratura. Dal 1922 al 1928 la maggior parte delle competizioni furono disputate sul circuito completo di 10 Km.
Nel 1929 le vetture gareggiarono soltanto per il Gran Premio di Monza che, per motivi di sicurezza, fu disputato usufruendo unicamente dell’anello d’alta velocità: Varzi su Alfa Romeo e Alfieri Maserati su Maserati toccarono per la prima volta i 200 chilometri l’ora nel giro più veloce. Il medesimo anello fu utilizzato nel 1931 per un Gran Premio Monza motociclismo che fece registrare per merito del vincitore assoluto Taruffi su Norton, medie sul giro di quasi 170 chilometri orari. Nel frattempo il presidente della Commissione Sportiva Automobilistica, l’appassionato mecenate siciliano Vincenzo Florio, aveva studiato un nuovo tracciato che lasciando inalterate le strutture del circuito, utilizzava parte del circuito stradale e la curva sopraelevata Sud, raccordate da un breve rettifilo e da due curve a 90′. Il cosiddetto “circuito Florio”, dello sviluppo complessivo di circa 6.680 metri, fu impiegato anche dalle motociclette e nell’edizione d’ante guerra vi si corsero – tanto per le due quanto per le quattro ruote – i Gran Premi del 1938. Il circuito completo di 10 chilometri fu ripreso dalle auto da Gran Premio nel 1932 e 1933, anno in cui sulla curva sopraelevata Sud persero la vita a causa di una macchia d’olio tre grandi piloti come Campari, Borzacchini e Czaykowski. Il triplice incidente mortale portò a una serie di scelte alternative, la peggiore delle quali deve ritenersi quella adottata nel 1934, anno in cui furono utilizzati settori comprendenti la curvetta Sud, la curva sopraelevata Sud, il breve raccordo del “circuito Florio” e metà del rettifilo delle tribune con una curva di ritorno da affrontare da fermo: sul circuito furono inserite due “chicanes” artificiali, il tutto con il risultato che le medie furono estremamente modeste. I vincitori Fagioli e Caracciola su Mercedes toccarono appena i 105 chilometri orari. Nei due anni successivi le automobili tornarono al “circuito Florio” costellato di “chicanes”, nel 1937 si gareggiò sul circuito di Livorno e nel ’38 si ebbe l’ultima esibizione sul “circuito Florio”, caratterizzata dalla splendida vittoria di Tazio Nuvolari su Auto Union davanti alla forte squadra Mercedes.
Nel 1938 fu messo in atto un ampio programma di modifiche dell’impianto che comprendeva il rifacimento del tracciato stradale, l’abbattimento delle due curve sopraelevare della pista di velocità, la realizzazione di una nuova e capace tribuna d’onore in cemento armato, di nuovi box e fabbricati di servizio, il rinnovamento degli impianti delle classifiche per il pubblico. I lavori cominciarono dopo la disputa del Gran Premio d’Italia a metà settembre e furono completati entro l’inizio della stagione sportiva successiva. Per quanto riguarda il tracciato stradale, il rettifilo centrale venne spostato più a ovest e raccordato al rettifilo delle tribune mediante due curve caratterizzate da un raggio di 60 metri le quali, per via del tipo di pavimentazione, furono denominate “curve in porfido”. Il nuovo tracciato misurava 6.300 metri e fu utilizzato fino a tutto il 1954. La nuova tribuna, capace di 2.000 posti a sedere, con ristorante a piano terra e sovrastante torretta per i cronometristi, i trenta box di rifornimento ricostruiti in muratura, l’ingresso monumentale della pista, l’aumentato numero delle dimesse, il rifacimento o la costruzione ex-novo di fabbricati adibiti ai più vari compiti, costituirono il nucleo delle innovazioni apportate all’impianto nell’imminenza della seconda guerra mondiale. Il nuovo autodromo fu utilizzato soltanto in alcune giornate di prove, come quelle relative all’inedita Alfa Romeo 512 a motore posteriore e alla Bianchi 500 a quattro cilindri sovralimentata.
La guerra causò la sospensione di ogni attività e durante il periodo bellico l’Autodromo assunse le più svariate funzioni, tra cui quella di rifugio per gli archivi del Pubblico Registro Automobilistico, per alcuni uffici dell’Automobile Club Milano e perfino per le fiere sfollate dal giardino zoologico di Milano.