La storia della pista sopraelevata dell’Autodromo di Monza

Io conquistai il terzo posto e fui comunque molto felice del risultato”. La corsa fu difatti vinta dallo statunitense Rathmann sul connazionale Bryan, terza la Ferrari di Phil Hill seguita a sua volta da Ray Crawford e Jimmy Reece. Stirling Moss, al volante della Maserati sponsorizzata dalla Eldorado gelati andò molto bene nelle prime due manches, ma ebbe un grosso incidente nella terza a causa della rottura dello sterzo.”Improvvisamente mi si incrociarono le braccia” ricorda Stirling. “Colpii il guardrail in due o tre punti e pensai che stavo per morire. Non riesco ancora oggi a capacitarmi come ho fatto a fermarmi”. La seconda edizione di Monzanapolis fu comunque un grandissimo successo, sia per l’affluenza di pubblico sia per gli elevati contenuti tecnici della gara. Purtroppo a causa di alcuni problemi interni all’ACM quella fu l’ultima edizione della corsa, con grande dispiacere dei piloti americani che non vedevano l’ora di tornare a Monza. Nel 1959 la pista venne utilizzata solo per gare minori ma nel 1960 il Gran Premio di Formula uno tornò sul circuito completo di 10 Km. Fu un trionfo per la Ferrari che si aggiudicò i primi tre posti, favorita comunque dall’assenza di alcuni team inglesi. Phil Hill conquistò la vittoria precedendo Ginther e Mairesse.
Nel 1961 il Gran Premio venne disputato nuovamente sul circuito completo e quella volta lo schieramento di partenza fu veramente numeroso, ben 32 vetture.Tutti i team inglesi prepararono accuratamente la gara e si presentarono a Monza veramente agguerriti. Era comunque un Gran Premio destinato a entrare, purtroppo, nella storia. Nelle prime fasi della gara Jim Clark tamponava Von Trips pochi metri prima della curva Parabolica; la Ferrari del tedesco finì tra la folla facendo tredici morti. Lo stesso pilota fu catapultato fuori dell’auto e morì sul colpo. Fu un duro colpo per il mondo delle corse, sei anni dopo la tragedia di Le Mans. La vittoria andò a Phil Hill su Ferrari, che quell’anno diventò campione del mondo. La tragedia di Monza segnò la fine dell’utilizzo della pista sopraelevata per le vetture di formula uno; sebbene non si fosse mai verificato nessun incidente grave sull’anello ad alta velocità, il nuovo regolamento della massima formula ora sconsigliava l’uso di tale pista per i Gran Premi. Così per alcuni anni l’anello ad alta velocità fu usato solo per gare minori e tentativi di record, sino al 1965, quando si decise di riutilizzarlo per una gara importante come la 1000 Km di Monza. A contendersi la vittoria nella prima edizione furono la Ferrari, incontrastata dominatrice della categoria Sport-Prototipi, e la Ford, intenzionata più che mai a sostituire la Casa di Maranello nel predominio. Famosa al proposito è rimasta la frase del presidente del colosso di Detroit, Henry Ford, il quale si lamentava del fatto che “la Ferrari ogni lunedì mattina può usufruire di pubblicità gratuita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, grazie alle sue vittorie”. La Ferrari portò a Monza le sue velocissime 330 P2 e 275 P2, mentre la Ford schierò le potenti GT40. Pochi minuti prima delle ore 14 del 25 aprile le 34 vetture ammesse alla prima edizione della “1000 km” si schierarono al via. Il tracciato era quello completo, stradale e anello di velocità, rallentato però dalla presenza di una chicane all’ingresso della seconda curva sopraelevata. La corsa non ebbe praticamente storia, con le rosse vetture della Ferrari che “macinarono” giri sempre in testa, fra l’esultanza di una folla incredibile paragonabile solo a quella di un moderno Gran Premio. La vittoria venne conquistata da Mike Parkes e da Jean Guichet che riuscirono a far tagliare, dopo quasi cinque ore di corsa (media superiore ai 202 chilometri orari), alla loro “piccola” 275 P2 per prima al traguardo, precedendo così la più potente 330 P2 di John Surtees e Lodovico Scarfiotti. Solo terza si classificò la Ford GT 40 di Bruce McLaren e Ken Milles. La seconda edizione della “1000 km di Monza ” sembrò nascere sotto cattivi auspici. Fin dal mattino la pioggia cadde con intensità inconsueta per la stagione, ma fu proprio in queste condizioni atmosferiche che la Ferrari colse un’altra prestigiosa affermazione davanti agli occhi di oltre 25 mila spettatori che, incuranti della pioggia e del freddo, rimasero ai bordi del tracciato fino alla conclusione della gara. Il tema dominante della “1000 km ” fu ancora una volta la lotta tra la “piccola ” Ferrari e il colosso industriale Ford che ritentò la carta della vittoria con le sue GT 40. Fin dai primi giri sulle Ferrari ufficiali si verificarono strane morie dei motori dei tergicristalli, cosa che costrinse i piloti a gareggiare in condizioni di visibilità precarie. Nonostante questo, la 330 P3 del duo inglese formato da John Surtees (affettuosamente battezzato dai tifosi italiani “figlio del vento”) e dal lungo Mike Parkes, ingegnere collaudatore della Casa di Maranello, impose la sua supremazia doppiando tutti gli altri avversari, anche la insidiosa Ford GT di Masten Gregory e del baronetto inglese “sir ” John Whitmore, cosa che avvenne sul lungo rettifilo delle tribune con la folla in tripudio. Ci si aspettavano grandi cose dalla piccola Dino Ferrari di 2 litri affidata alla coppia tutta italiana Lorenzo Bandini e Lodovico Scarfiotti, ma i problemi ai tergicristalli ne limitarono moltissimo le possibilità agonistiche, tanto che, alla fine, si ritrovarono solo in decima posizione. La gara monzese si dimostrò altamente selettiva, caratteristica che verrà rimarcata anche nelle edizioni successive: delle 40 vetture schierate alla partenza solo 19 riuscirono a classificarsi.